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398 appendice

50E non fiorisce la rosa del mio Saron,
   e non scende la pioggia sui miei prati.
Tu rapisci il sonno agli occhi miei nel pensiero di te,
   e io non distinguo piú il tempo del levarmi e del coricarmi.
Non gusto le mie vivande, e il miele
   al mio palato è amaro: una coppa di veleno m’è ogni dolciume;
come una pietra dura son per me i pani inzuccherati,
   e tra le lagrime mangio il mio pane secco:
lagrime mescolo nella mia acqua, e bevo,
   e non entra nella bocca mia il succo dei tralci,
55e d’acqua son ebro e vado errando,
   cosí che mi si tiene figlio di un Rehabita.
Ma quando sogno il tuo ritorno e vedo
   la tua immagine con gli occhi della mente,
le sventure si trasformano per me in dolcezze
   e il mio viso riluce come per aureo splendore:
dormo, e dolce mi è il sonno,
   e mi desto sazio di benessere e di soddisfazione;
bevo, e la mia acqua mi è dolce,
   e soffice mi riesce la zolla in tua compagnia.
60Ma quando poi ripenso il tuo esilio, pari a fuoco
   arde il cuor mio e mi colpisce calor di sole:
e sono com’uomo istupidito e stordito,
   curvo nella statura, piccolo e angusto nella persona.
Nel rimembrare di te la mia gioia e insieme la mia pena,
   tu il mio balsamo e tu pure il mio persecutore e il nemico mio.
La tua immagine in me nel cuore è scolpita,
   la tua partenza è incisa nell’intimo del cuor mio:
mi suscita, sebbene a stento, sensi di giubilo
   la tua figura, ma la tua lontananza mi rattrista.
65La tua separazione rende vani i miei pensieri,
   il tuo esilio rende aspro e traviato il mio cammino.
A causa di te l’orgoglio dell’anima mia si curvò atterrato,
   e umiliai a causa di te la mia superbia:
cosí che i sicomori furon piú alti che il mio cipresso,
   cosí che si alzò sopra i miei cedri anche una pianta d’isopo,
cosí che si leva piú in alto del mio sparviere un pipistrello
   e sopra le mie ali d’aquila un volo di mosca.
Come nella mia infanzia son fatte deboli le mie membra,
   e vittorioso sopra leoni è un agnello.