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il dilettevole: continenza e incontinenza 17

che ha fame o sete, di poi ch’è sazio, non desidera piú il mangiare né il bevere, anzi gli viene in fastidio. E cosí interviene in l’altre cose che materialmente dilettano: perché con sazietá fastidiosa cessa egualmente il desiderio di quelle; di modo che tutti due ne le cose delettabili vivono e muoiono insieme. Bene è vero che si truovano ne le cose delettabili alcuni intemperati, cosí come si truovano nell’utili: li quali mai si saziano né mai cercariano essere sazi, come sono i golosi, imbriachi e lussuriosi, a’ quali dispiace la sazietá, e prestamente tornono di nuovo al desio e amor di quelle, ovvero in desio d’altre di quella sorte. E il desio di tali cose delettabili si chiama propriamente appetito, cosí come quel de l’utile si chiama ambizione o ver cupiditá. L’escesso di desiderare queste cose che dánno dilettazione propria, e il conversare in quelle, si chiama lussuria: la qual’è vera lussuria carnale, o di gola, o d’altre superflue delicatezze, o indebite mollicie; e quelli che in simili vizi si nutriscono, si chiamano lussuriosi. E quando la ragione in qualche parte resiste al vizio, se ben da quello è superata, allora quei tali viziosi si chiamano incontinenti. Ma quelli che lassano la ragione del tutto, senza cercare di contrastare in parte alcuna a l’abito vizioso, si chiamano distemperati. E cosí come quest’estremo di lussuria è, ne le cose delettabili, vizio correspondente a l’avarizia e cupiditá ne l’utile, cosí stimo essere vizio l’altro estremo de la superflua astinenzia, qual’è, ne l’utile, correspondente vizio a la prodigalitá: perché l’uno è via a la robba, non conveniente a l’onesto vivere, e l’altro lassa la dilettazione necessaria al sostentamento de la vita e a la conservazione della sanitá. Il mezzo di questi due estremi è grandissima virtú, e chiamasi continenzia. E quando, simulando ancor la sensualitá, la ragion vince con la virtú, si chiama temperanzia. Quando la sensualitá del tutto cessa di dar stimulo a la virtuosa ragione, e l’una e l’altra consiste in contenersi temperatamente de le cose delettabili, senza mancare del necessario e senza pigliare del superfluo, la chiamano alcuni, questa virtú, fortezza; e dicono che ’l vero forte è quello che se medesimo vince, perché il delettabile ha piú forza ne

Leone Ebreo, Dialoghi d’amore. 2