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differenza tra bello e buono 219

per esso amante, al qual manca tal bellezza, o ver per altra persona da lui amata, a la qual manchi tal bellezza, ma non a l’amante: e in questa sorte s’include l’amor d’Iddio.

Filone. Tu t’inganni, che credi ch’il bello e il buono siano una medesima cosa in tutto.

Sofia. E tu fai forse fra il buono e il bello questa differenzia?

Filone. Sí, che io la faccio.

Sofia. A che modo?

Filone. Che il buono possi il desiderante desiare per sé, o per altri che lui ama, ma il bello propriamente sol per se medesimo il desii.

Sofia. Per che ragione?

Filone. La ragione è che il bello è appropriato a chi l’ama, ché quel che a un par bello non pare a un altro. Onde il bello, che è bello appresso uno, non è bello apresso di un altro: ma il buono è comune in se stesso, onde il piú delle volte quel che è buono è [buono] appresso di molti. Sí che chi disidera bello, sempre il desidera per sé, che gli manca: ma chi desidera buono, il può desiderare per se medesimo o per altro suo amico, a chi manchi.

Sofia. Non sento giá questa differenzia, che tu poni fra il bello e il buono: però che, cosí come dici del bello, o ver buono, che pare a uno e non a un altro, cosí dirò io (e con veritá) del buono, che a uno una cosa par buona e a un altro non buona; e tu vedi che l’uomo vizioso il cattivo il reputa buono e però il segue, e il buono il reputa cattivo e però il fugge, [come] contrario del virtuoso: sí che questo, ch’interviene al bello, interviene ancor al buono.

Filone. Tutti gl’uomini di sano iudizio e di retta e temperata volontá reputano il buono per buono e il cattivo per cattivo, cosí come tutti li sani di gusto il cibo dolce gli addolcisce, l’amaro gli amareggia: ma a quelli d’infermo e corrotto ingegno e di stemperata volontá il buono gli par cattivo e il cattivo buono, cosí come gl’infermi, ch’il dolce gli amareggia e l’amaro qualche volta gli addolcisce; e cosí come il dolce,