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68 Capitolo quarto.

in bocca due bastoncini che accesi all’altro estremo fingevano gli occhi, ed imitando il passo e il grave respirare del re degli animali, percorreva il campo inseguendo il povero cane selvatico che per paura abbajava.

Sono scherzi semplici per chi li legge, ma che hanno del grandioso e dell’originale per chi li ha visti nel loro ambiente.

Due piccole carovane di mercanti abissinesi, fidenti forse nel detto l’unione fa la forza, si sono unite a noi, per cui il campo è estesissimo questa sera e rischiarato da dodici grandi fuochi, e nelle mie ore di guardia mi godo un imponente spettacolo. Le nostre tende, il bagaglio sparso in diversi punti, le capanne improvvisatevi d’attorno dai servi con pochi rami e pelli, tutti i buoi, muli e boricchi concentrati in diversi gruppi, i gruppi di beduini accovacciati attorno ai grandi falò che illuminano la scena persa nella solitudine di una valle, fra monti coperti da foreste abitate da fiere: in qualche brigatella si canta, in altra si dorme, in alcune si balla e qualche volta si alternano le danze ad esercizii di scherma, fingendo alcuni di attaccare un nemico che si difende colla propria lancia e collo scudo, facendo finte, assalti, retrocedendo, avanzando, inginocchiandosi per essere coperto dallo scudo, fingendo cadere ferito per poi alzandosi d’un tratto riattaccare di sorpresa il nemico, e di quando in quando interrompendo questa fantastica scena con grida acute e con battimani.

Sabato 15. Appena giorno comincia la carica del bagaglio e alle otto ci mettiamo noi pure in marcia. Cresce sempre, man mano ci innalziamo, il fitto e il gigantesco della vegetazione ed aumentano pure le varietà: vedo grandissime ortiche in fioritura, vaniglie, pelargonii, glicine, il fico selvatico, molti aloe di diverse specie, l’agave filifera che dà il filo vegetale, la fuxia comune ed una fuxia parassita che orna di mille fiorellini rossi i tronchi dei grossi alberi dai quali succhia la vita, crataegus,