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Capitolo quarto. 67

letto. In alcuni punti il suolo è di un verde chiarissimo e lucente, e vi sono sparse piante dalle foglie di verde cupo; ciò che colla luce del sole produce bellissimi effetti. Enormi tronchi sporgono spesso sulla via e minacciano di rompere il naso a chi non ha gli occhi bene aperti. La strada è un vero sentiero e nulla più, dove nessun uomo ha rimossa mai la più piccola pietra. La causa di questa folta vegetazione è l’essere questa una zona che partecipa alle piogge della costa ed a parte di quelle dell’interno: le piante principali mi parvero le acace, l’ulivo selvatico, le euforbie, crataegus, lauri, papiri ed una miriade di fiori e foglie svariate. Alle dodici e mezzo siamo a Madiet, un semplice allargo della valle che percorriamo, e dove accampiamo, chè proseguendo, per lunga tratta non si troverebbe erba nè acqua. Siamo a circa 1330 metri di elevazione. Verso le due giunge la solita pioggia che dura pochissimo, essendo già vicini al limite dove regna la buona stagione.

Dopo pranzo i condottieri dei buoi vengono avanti le nostre tende e ci danno uno spettacolo di danza selvaggia: si dispongono su due file in modo da formare un rettangolo aperto dal lato ove siamo noi, e mentre tutti cantano una cantilena interrotta da battimani e gridi, due o tre eseguiscono la danza inseguendosi nel rettangolo, camminando con strane movenze, saltellando e facendo capriole: dopo qualche minuto, uno si ferma e girando la testa si contorce con movenze muscolari principalmente dei fianchi e delle spalle: parecchi allora gli si fanno d’attorno, e saltellando e strillando gli stendono le braccia sul capo, coprendolo di battimani. Così finisce una scena e ne principia subito un altra con altri protagonisti.

Fattosi buio, due dei nostri servi ci fanno una pantomima fingendo lo sciacal inseguito dal leone: per imitare questo ultimo un ragazzotto si avvolse in quattro cenci, si aggiustò sul capo una pelle in modo da far cadere i due orecchioni e si prese