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58 Capitolo quarto.


Domenica 9 febbraio: Prima di giorno siamo pronti, ma il naib viene ad avvertirci che non si può partire prima di mezzogiorno, avendo i camelli nulla mangiato la notte e il giorno innanzi; pur troppo acconsentiamo, ma con questa gente non bisognerebbe mai dar retta alle chiacchere, ed usare invece prepotenza e minacce. Passano infatti le dodici, la una, le due, si grida, si strepita, si mandano a cercare i camelli, ma con tutta pace non si riesce a mettersi in cammino che dopo le tre.

La tappa fissata era Sahati, a quattro ore di distanza, ma ecco che dopo due ore la carovana si ferma, e adducendo mille motivi non si vuol più proseguire; abbiamo un bel gridare, ma i camellieri infischiandosi altamente di noi, scaricano e lasciano i camelli liberi al pascolo.

Forza ne è dunque pernottare su un piccolo ripiano, trovandoci qui fra alture quasi aride e solo popolate da acace nane. L’aspetto del terreno è vulcanico; si cammina su detriti granitici.

Qui mi sono convinto della necessità di mantenere la bastonatura fra queste popolazioni, e credo che il maggior torto che potrebbe farsi il Governo egiziano sarebbe di levarla. Non è gente cattiva, ma tanto indolente e facile all’inganno che davvero strappa le bastonate, e le rende la cosa più naturale e giusta anche per chi sente ripugnanza a battere un suo simile. La notte è splendida per la luna, quindi per acquistar tempo si stabilisce di partire col poetico chiarore e poche provvigioni, per arrivare in giornata a Sabarguma e farvi le pratiche necessarie per avere i buoi che devono quindi innanzi rimpiazzare i camelli.

Il naib trova giusta la nostra decisione, imparte gli ordini ai camellieri perchè ci seguano e ci raggiungano l’indomani mattina, quindi si mette alla testa della nostra piccola carovana che parte all’una e mezzo antimeridiane del dieci. Man mano che