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Capitolo terzo. 53

del cielo. I camellieri volevano ad ogni costo fermarsi, ma avendo già sperimentato quanto sia sgradevole l’essere esposti alla pioggia senza tende per la notte, e sapendo d’altra parte che non poteva essere troppo lontana la stazione dei soldati, mi opposi assolutamente, dichiarando che non mi sarei fermato se non era raggiunta quest’ultima. Dopo un’ora circa la raggiungemmo infatti, e per buona fortuna nostra, chè non erano trascorsi dieci minuti che una pioggia dirotta cominciò e senza interruzione continuò tutta la notte. Bene o male eravamo riparati da un tetto di paglia, e tranne qualche goccia che filtrava ce la passammo discretamente, tanto più pensando alla nostra posizione, se ci fossimo fermati lungo la strada.

Il giorno 25 discendendo i diversi piani a scaglioni e passando per le alture che ci avevano ospitati la prima notte nell’andata, giungemmo verso mezzogiorno ad Omkullo dove ci rifocilammo per ripartire quasi subito, ed essere così verso le tre a Massaua.

Durante la nostra assenza aveva durato in queste regioni l’epoca della piogge, e straordinario fu il cambiamento che trovammo al ritorno, da Ain in avanti. Allora tutto era secco, sterile, desolante; ora invece le piogge vi banno portata una verdura che spira fresco e vita; il suolo non è più arido, ma quasi tutto coperto da uno smalto verde; quel che allora era irrigidito, ora è vivo, le acace hanno messe le nuove puntate, gli uccelli vi stanno saltando di ramo in ramo e vi costruiscono i loro nidi pendenti a forma di borsa, dei quali fin venti contai sulla stessa pianta; le lepri, le gazzelle, i dik-dik, le pernici sono stanate dai loro rifugi, e si incontrano frequentissimi; i pastori colle loro mandre sono ridiscesi dagli altipiani e vi stanno pascolando: insomma, completamente un altro paese, una natura risuscitata da vera morte a nuova vita, e questo nello spazio di circa due settimane. Ciò prova la fertilità del suolo e la mancanza assoluta d’acqua anche nel sottosuolo.