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48 Capitolo terzo.

nella lingua madre, e vestono una lunga pellegrina come anticamente si usava nel servizio religioso; i chierici erano pure indigeni è vestiti di rosso; le candele anch’esse nere, perchè fatte con cera del paese non purificata. L’insieme era assai originale.

Tutti i giorni e spesso anche la notte, abbiamo accompagnamenti di canti e tamburi per qualche fantasia. Se ne fanno per nascite, per morti, per guarigioni, per matrimonii, per tutte le feste del loro calendario, e alle volte si continuano fin quindici giorni, per cui lascio immaginare che gazzarra continua. Padre Picard ci interessa sempre raccontandoci degli usi e costumi di queste popolazioni; per quanto il Governo egiziano cerchi far rispettare le leggi sue e far penetrare un po’ di civiltà a modo suo, e dal canto loro le Missioni tentino od almeno sperino dissipare certe superstizioni, pure la maggior parte delle istituzioni, se così si possono dire, di questi popoli, sono talmente inveterate dalla tradizione, che a ben poco riescono gli sforzi di questi due civilizzatori.

Ogni villaggio riconosce come suo capo supremo e giudice colui che per merito o meglio per anzianità fu chiamato a godere della fiducia di tutti i compaesani, fra i quali ancora vige una specie di sistema feudale, cioè i plebei riconoscono la superiorità dei patrizii ai quali devono parte dei redditi, ubbedienza, soccorso e difesa a pericolo della propria vita in caso di necessità. Ogni padre poi ha diritto di vita, di morte o di vendere quale schiavo, se può farlo in barba al Governo egiziano, sui proprii figli, finchè hanno raggiunto i 18 anni, in cui sortendo di minore età, diventano padroni di sè stessi e con questo cessa la superiorità e la responsabilità paterna. Lo spirito di vendetta vi regna fortissimo e tale che un’offesa viene qualche volta ripagata della stessa moneta dopo qualche generazione.

Nel caso di morte di un capo o di qualche persona influente o ricca, la famiglia, gli amici e alcune donne espressamente chia-