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Capitolo terzo. 39

comunissimi in questa località che porta il nome di Kalamet. Noi oltrepassiamo, ed alternata ancora la roccia colla sabbia, ci fermiamo a notte fatta nel letto del torrente asciutto. Ci vien detto essere le vicinanze molto abitate da leoni, e quindi utile prendere le necessarie precauzioni: invece di lasciar liberi a pascolare i camelli, si dispongono in un circolo attorno al quale si accendono sei grossi fuochi, che qualcuno dei camellieri veglia a tener nutriti tutta la notte.

Questo accampamento in luogo perfettamente isolato e selvaggio, il mistero della notte, l’apprensione per quel che poteva forse succedere, e l’emozione del poterci veder davanti quei due occhioni scintillanti senza le barre di ferro che ce ne separino, un ascoltare ansiosi ad ogni muover di foglia, la cantilena dei camellieri che sparsi a gruppi stavano preparandosi con pochi grani di dura la loro cena, la luce delle enormi fiamme che innalzavano grosse colonne di fumo e spandevano i loro raggi luminosi sulle foreste che da ogni lato ci circondavano, tutto questo, ripeto, formava uno spettacolo veramente imponente e fantastico. Lo contemplammo lungamente, poi ci sdraiammo coi nostri fucili al fianco e cercando addormentarci con un occhio aperto, ma la stanchezza la vinse ben presto. S. M. il re delle foreste non venne a turbarci i nostri sonni placidi e solo verso l’alba un muoversi confuso fra le piante ci fece balzare e mettere in guardia, ma non era che un innocente cignale che se ne andava facendo la sua passeggiata mattutina.

Fu questa la nostra sveglia, e poco dopo riprendemmo il nostro itinerario, lungo il quale incontriamo spesso dei cimiteri di tribù nomadi che vi tennero le loro tende. Le tombe consistono di un ammasso conico di pietre o di un largo circolo segnato pure da pietre, con un tumulo al centro; generalmente si copre la tomba con piccole pietre di quarzo bianco; se la tomba è di fresca data, è circondata da una siepe di rami spinosi per tenervi