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Capitolo terzo. 35


Il terreno è sempre sabbioso e sparso qua e là di qualche cespuglio spinoso e di acacie nane, ma in complesso l’aspetto è piuttosto arido, perchè tutto bruciato dalla grande aridità: lentamente andiamo innalzandoci superando delle elevazioni di pochi metri, oso dire dei gradini, per passare una sequela di altipiani, tagliati di quando in quando da torrenti infossati che solo si gonfiano durante le piogge. Nei punti più bassi del loro letto sono generalmente praticati dei pozzi che per infiltrazione danno l’acqua necessaria a rifornire le carovane; e per vero dire non è sempre l’acqua più pura nè la più pulita: spesso è vero fango diluito con gusto anche di materie organiche in putrefazione, ma quel terribile male che è la sete alimentata dai raggi di questo sole cocente, fa superare certe cose che fanno ribrezzo al pensarvi quando si possono invece avere delle buone limonate.

Verso le 10 ½; passiamo presso un paio di capanne, abitazioni di qualche soldato che con aspetto e assetto tutt’altro che militare sta a guardia del telegrafo che tiene questa linea per spingersi fino a Kartum.

Le due cose meglio organizzate dove governa l’Egitto sono certamente la posta e il telegrafo, e dove passa quest’ultimo, che serve anche di guida alle carovane, con provvido sapere, Gordon pacha pose, ad ogni quattro ore circa di strada, una capanna di rifugio pei viaggiatori e spesso un soldato di guardia pel filo.

Ancora un’ora di cammino, e ci fermiamo nel letto di un torrente dove qualche macchia nerastra nelle sabbie e un po’ di vegetazione fresca ci indicano la presenza dell’acqua, per ristorare noi e lasciar pascolare i camelli.

Ripartiamo alle due, e sempre continuando in terreno piuttosto monotono, colla sola distrazione di stupendi uccelletti dai colori vivissimi, dai riflessi metallici e dalle code assai lunghe,