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30 Capitolo secondo.

squisiti, talchè il pranzo fu molto allegro e i brindisi assai numerosi.

Era certo la prima volta che in Massaua si trovavano tanti Italiani riuniti, e la festa era tale che fece a parecchi dimenticare i bicchieri già vuotati, cui aggiunta la proprietà del Sassella e dell’Inferno di scaldare le orecchie e paralizzare le gambe, si ebbe una chiusura molto chiassosa e non scevra di incidenti abbastanza comici. Il servizio fu fatto piuttosto regolarmente alternando noi con un po’ di disinvoltura la parte dell’anfitrione con quella del cameriere, non senza ritirare qualche volta un piatto sporco da destra per rimetterlo a sinistra, se non ve ne erano pronti di ricambio. In complesso gli invitati furono contenti e noi nella nostra modestia abbastanza soddisfatti, tanto più che, la mattina dopo, parecchi avevano le idee piuttosto confuse e una ricordanza un po’ svanita di quanto avvenne da metà pranzo in avanti.

Dopo qualche ora di sonno, con Ferrari partimmo in filuka per portarci ad una partita di caccia ad Arkiko, grosso villaggio lungo la spiaggia a mezzogiorno di Massaua. Vi trovammo il mudir (capo) cordialissimo, giovane dall’aspetto aperto, sorridente, simpatico, che ci destinò un’ampia capanna circondata da un cortile limitato da pali e stuoie: ci fece subito portare due argareb, del caffè, e chiamò una schiava perchè sbarazzasse quanto ingombrava. Un breve giro nei dintorni ci fornì il pranzo che noi stessi cucinammo, pensando, ma senza invidia, ai nostri amicî d’Italia che alla stessa ora stavano mettendo il frak per l’apertura del teatro. Anche noi avemmo però il nostro spettacolo di canto, chè poco dopo si sentirono le grida dello sciacallo e della jena che ululavano appena fuori dalla capanna, agognando alle interiora del nostro lepre. La mattina, quando partimmo, queste erano infatti scomparse. Seguiti a distanza da un somarello che ci portava l’acqua dolce, girammo tutto il giorno in terreni sabbiosi, dove trovammo cignali, gazzelle, lepri, faraone, ma dob-