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240 Capitolo dodicesimo.

duini dell’Yemen, bellissima gente artisticamente vestita d’un piccolo pantalone, una giacca aderente e un turbante in tela azzurra, adorni di bellissime armi riccamente lavorate in argento. Le donne portano una massa di monili al collo, alle braccia, alle mani, alle gambe, pure in argento lavorato a filigrana e misto a conterie o pezzi d’ambra. Al collo dei ragazzi collane che ricordano quelle delle Abissinesi, che certamente ebbero queste a modello.

Nella notte del quattro partiamo a bordo del vapore inglese; passiamo lo stretto di Bab-el-Mandeb, porta del diavolo, rinserrato fra tetra ferma asiatica e l’isola di Perim su cui sventola la bandiera inglese, e la mattina del giorno seguente diamo fondo dinanzi Aden. Vi trovate qui un vero labirinto di aguglie i cui detriti hanno costituito un banco lungo il mare. Su questo la città commerciale, detta Steamer-point, su ogni vetta un piccolo forte o qualche antenna che col mezzo di bandiere segnala ogni arrivo e partenza di bastimento; ovunque si guardi tutta roccia nuda e sabbie, non un filo di verdura; d’acqua non se ne parla; e qui si seppe piantare una città, e qui si potè attirare gli sguardi del mondo intero e buona dose di commercio.

A otto chilometri, dopo uno strettissimo passaggio tagliato entro dura roccia per raggiungere una larga vallata posta oltre una catena di alture, sta la città, propriamente detta, che a Steamer Point non sono che uffici, agenzie, magazzini ed alberghi. Vi siamo accolti come fratelli dal nostro bravo console signor Rolph, che a tutto uomo si adopera sempre per tornare utile e gradito agli Italiani che visitano questi paesi. Abbiamo lo spettacolo di un temporale di sabbia, che non saprei meglio descrivere che dicendo di immaginare, invece di pioggia, colonne di fitta e fina sabbia trasportate dal vento, seguite da qualche goccia di vera acqua, cosa che da tre anni non si vedeva in Aden.