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Capitolo undicesimo. 213

rimontammo quindi a mulo per metterci seriamente sulla via del ritorno.

L’elevazione di Gondar mi risulta di 2300 metri.

Il giovedì 26 facciamo i saluti al compagno Bianchi che da qui torna al campo reale per passarvi coi Naretti il cherif, e rappresentarvi in certo modo il Comitato milanese di esplorazione, nella speranza di potervi seriamente trattare col re qualche affare ed ottenere in seguito di visitare e studiare commercialmente il Goggiam o lo Scioa, e noi proseguiamo a nord-est attraverso montagne verdeggianti, e seguendo una strada tracciata da Teodoro, quando voleva fare del suo paese una nazione civile e del Gondar la gran capitale. Si direbbe che avuta da natura una mente elevata, un carattere ardito ed un cuore che non conosceva ostacoli a soddisfare la propria ambizione, tutta la parte che era a lui destinata di bontà e malvagità si concentrarono, per segregarsi l’una dall’altra e svilupparsi coll’impeto che doveva esser proprio d’ogni sua azione. Così dapprima concepì idee civilizzatrici di gran lunga superiori al possibile e volle tentarne l’effettuazione, ma fu subito assalito dallo svilupparsi del secondo elemento, l’istinto perverso, cui non potè esser freno ragione nè educazione, vestì il carattere di pazzia e gli fece commettere quegli eccessi che rovinarono il paese e furono causa della sua miseranda fine.

Verso le tre ci fermiamo ad un piccolo villaggio presso la chiesa Georgis a 2950 metri.

Continuando il venerdì 27 in un vero parco inglese dove la grandiosità è sconfinata e la natura non studiata nè inventata, ma quale solo il tempo ha creata, incrociamo dopo circa quattro ore di cammino la via tenuta nell’andare a Debra-Tabor, e volgendo più ad est attraverso estesi bacini a pascoli e coltivo, saliamo verso le tre un colle che spicca fra gli altri e alla vetta del quale è la residenza di degiatch-Semma, figlio di ras Gara-