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Capitolo decimo. 201

persino dello stretto necessario, pareva quasi temerità l’intraprendere in questa stagione il viaggio del ritorno. Ma tanto si volle tentare, e si decide di prendere la via di Galabat, Kassala, Suakin. Il re ci prega però di tornare da Massaua, dicendo essere l’altra via pericolosissima in questa epoca per le febbri, ed assicurando che almeno un paio di noi vi avrebbe lasciata la vita.

Dovendo noi andarcene all’estremità nord del lago Tzana a visitare uno zio del re, malato, e desiderando nel ritorno percorrere la via del Semien, per vedere paesi nuovi, facciamo partire subito la carovana del bagaglio che percorrerà la strada fatta nel venire, più lunga ma comoda per le mule, e noi decidiamo che partiremo con pochi servi e nessun carico per esser lesti a superare certi passi rocciosi che ci dipingono orrendi.

L’incontro delle due carovane è deciso sarà in Adua.

Fissato il giorno della partenza andiamo a congedarci dal re che ci saluta colla solita freddezza, nella quale bisogna leggere la cordialità, sapendo essere effetto del carattere.

In Abissinia questo re è generalmente piuttosto amato, se si può ammettere che questo popolo ami un sovrano od un capo qualunque. Io credo che in questo paese si ama il re in generale perchè si ha l’abitudine di temerlo, e si ama re Giovanni per l’ammirazione che si ha per la sua abilità e fortuna colle armi. Ma se domani un altro individuo qualunque sorgesse, trovasse proseliti, bandisse una crociata, fosse tanto abile e fortunato da vincere le truppe reali e si proclamasse re, tutto il popolo dimentica chi è caduto in disgrazia e plaude e fanatizza pel nuovo che li guida alla vittoria e cinge la corona del re dei re.

Il gran merito che in generale si fa a re Giovanni è quello della serietà, del non essere crudele, e dell’imparzialità, avendo