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Capitolo decimo. 185

rakal che faceva da interprete per le spiegazioni necessarie, il re stette freddo e impassibile, e sempre con mezzo viso coperto dallo scemma; solo mostrò un po’ di sorpresa e forse anche di soddisfazione allo spiegare il letto da campo e il cuscino che si gonfiava soffiandovi. Con poche parole ci ringraziò e licenziò per far entrare i due svedesi protestanti, che regalarono una pendola e un ombrello di seta rossa, privilegio del re in questo paese. Maderakal mi tradusse il dialogo che ebbe luogo e che qui riporto, perchè mostra il tatto e la finezza di re Giovanni. «Cosa veniste a fare, o signori, in queste terre?» così fece loro domandare.

«A spiegare il Vangelo,» risposero.

«Il Vangelo è uno, Dio è uno, la fede è una; io ho chiese, io ho vescovi, io ho preti, e questi sanno benissimo insegnare da loro il Vangelo al mio popolo. E a chi dunque vorreste più propriamente insegnare il Vangelo?»

«Agli ebrei, ai musulmani...»

«E non avete ebrei nel vostro paese?... e venendo qui non vi siete accorti di attraversare un paese tutto di mussulmani?... come mai non pensaste di fermarvi fra loro a spiegare il Vangelo? Io accetto volontieri negozianti, viaggiatori, lavoranti in tappeti, in sete, in armi, operai che lavorano il legno, ma non gente che vuole immischiarsi nella religione del mio popolo...»

Non so quale effetto avrà loro fatto questo dialogo, ma credo ne devono esser rimasti poco soddisfatti.

Il villaggio di Debra-Tabor è a poca distanza dal campo reale, che assunse questo nome come quello del più vicino paese, ma il nome propriamente del colle sul quale è piantato il reale accampamento è Gafat, e si eleva 2700 metri sul mare.

Il re Ali fu quegli che scelse questa posizione quasi a capitale del regno, come il punto più centrale delle tre provincie principali, dell’Amara, dello Scioa e del Goggiam.