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Capitolo nono. 173

a nord-est, le cui acque vanno a raggiungere il Taccazè, che nato nelle più alte regioni del Semien, ne gira verso nord e nord-ovest il gruppo principale, riceve nel suo corso tutti gli affluenti del versante occidentale, si unisce all’Atbara che scende dal Galabat, si fonde col Mareb, e col nome di Atbara si versa nel Nilo poco superiormente a Berber. L’altro versante che è delineato dalla costa di Wogara volge invece a sud-ovest, e le sue acque vanno a versarsi nel lago Tzana, da dove sortendo per il Nilo Azzurro, dopo non breve corso si uniscono a Cartum a quelle del Nilo Bianco, e presso Berber ritrovano le compagne che cadute forse a pochi metri di distanza sulle vette dei monti Etiopici, percorse vie quasi opposte, vengono a ritrovarsi nel più storico dei fiumi, dopo centinaia di chilometri di percorso.

Martedì 13 ci rechiamo a visitare la chiesa, interessante perchè sorge entro una costruzione antica portoghese, rettangolare, merlata, con torri agli angoli, aperture ad arco ed internamente divisa in specie di corridoi a volta. Il tutto però in rovina e credo che fra non molto si ridurrà ad un mucchio di avanzi e nulla più.

Alla partenza siamo circondati da tutte le vecchie megere del villaggio che piangono e strillano, pregandoci lasciare la vacca che ieri sera ci hanno offerto e che per loro è preziosa; ma Naretti impassibile non cede, malgrado i nostri suggerimenti, e il magro animale segue la carovana bastonato ad ogni passo da un servo. Proseguiamo verso ovest, poi giriamo a sud-ovest; ritorna il carattere delle alture abissinesi a profilo orizzontale e scendenti a scaglioni simili a fortificazioni; poca vegetazione, pascoli meno verdeggianti e poche acacie. In un immenso bacino, sui pendii delle alture che lo determinano sono sparsi parecchi villaggi, e al centro sorge un’altura isolata, quasi un cono tronco. Al vertice scorgiamo un insolito movimento, molte persone incontriamo per via, molti gruppi troviamo fermi sotto le acacie