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Capitolo settimo. | 129 |
e invece di sottometterlesi, avuta notizia che il suo re viveva e
si avvicinava, radunò quante truppe potè, le mosse battaglia, la
vinse, incatenò e consegnò al Sovrano che sopraggiunse poco
dopo. Mentre allo Scioa si svolgeva questa pagina di storia che
merita solo titolo di aneddoto, Menelik andava continuamente ritirandosi,
e re Giovanni lo inseguiva, finchè ebbe percorso quasi
tutto il paese e andò ad abitare il palazzo del re nemico alla sua
capitale. Qui si finì per conchiudere la pace che diede tutta l’Abissinia
sotto lo scettro di re Giovanni, e pacificata, tranne qualche
rivoltato che continuò ancora per qualche tempo le sue guerriglie,
considerate però come attacchi da briganti più che campagne
da nemici. Fra questi, il più importante fu certamente Woldi Michael,
che per tre anni tenne in rivoluzione tutta la provincia
dell’Amassena, ed anche questo si pretende dagli Abissinesi che
fosse istigato, anzi espressamente stipendiato dagli Egiziani.
Colla pace conchiusa, Menelik conservò il suo titolo di re dello Scioa, anzi re Giovanni gli fece dono di una splendida corona, ma si dichiarò tributario del re dei re, obbligandosi a pagargli un annuo tributo ed a fornirgli buon contingente di truppe in caso di guerra. Re Giovanni poi, quasi per mostrargli come non lo temesse, invece di disarmarlo, come forse avrebbe fatto un sovrano in Europa, gli fece dono di 200 fucili per le truppe e di qualche cannone.
Nelle trattative pel tributo, fu una gara di cortesia e di generosità finissime, che nel fondo corrispondevano ad altrettante punture che si davano l’un l’altro questi due che nel cuore nutrivano odio reciproco, ma apparentemente dovevano mostrarsi fratelli, dei quali uno era vincitore e superbo, l’altro vinto e avvilito, ma per cavalleria volevano nascondere questi sentimenti e fingere la più schietta amicizia e indifferenza. Così Menelik fu il primo a fare la proposta, ed enumerò tale quantità di cose che avrebbe voluto annualmente mettere ai piedi del suo nuovo so-