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Capitolo settimo. 115

proprie del paese e ricordate per tradizione, se ne può dedurre come altre volte vi prosperasse la vite, che fu distrutta ovunque per ordine di re Teodoro.

Secondo autori che non hanno solo visitato, ma anche studiato il paese, l’etimologia della parola Etiopia starebbe nelle due greche aito-bruciare e ops-occhio o viso; ed infatti anche oggidi vi è conservato l’uso di abbruciare gli occhi per certe pene. Abissinia, deriverebbe invece da Habesc, che così infatti si pronuncia in paese, e il passo dall’una all’altra non è lungo, ed è vocabolo arabo che significa riunione di diverse famiglie, e sarebbe stato usato in origine dai Mussulmani in segno di sprezzo verso gli abitatori di questa regione, che come credesi vi sono accorsi da diverse parti.

Quanto alla storia del paese, come non si può inventarla nè immaginarla, dirò qualcosa che raggranellai nelle interessanti opere di Bruce, Salt, Rochet d’Héricourt, Ferret et Gallinier, Raffray, per la parte antica, e per la moderna ripetendo alla meglio quanto mi feci raccontare dai pochi che in paese me ne potevano parlare.

Come benissimo osserva Bruce nella descrizione del suo viaggio nell’Africa orientale intrapreso nel 1768, gli storici parlano sempre delle grandi ricchezze dei popoli, raramente curandosi di cercare la fonte di queste ricchezze, ed i viaggiatori trovano negli avanzi delle antiche civiltà a studiare templi e monumenti, ma non trovano mai traccia delle abitazioni e mancano quindi completamente i particolari sugli usi domestici. Questo mette una grande difficoltà allo studioso che vorrebbe, dai confronti fra le civiltà e dalle vie commerciali usate per gli scambii, dedurre la storia delle immigrazioni. Così, ad esempio troviamo, egli aggiunge, nella sacra scrittura, delle descrizioni favolose sull’oro e l’argento che si trovava in Palestina, mentre questo suolo non ne produce, e non si fa menzione alcuna da dove questi preziosi metalli provenissero.