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110 | Capitolo sesto. |
aperto un alveare, chè da ogni lato irruppero squadre di Abissinesi che in breve tempo invasero tutta la pianura. La lotta
fu accanita, il numero e il valore la vinsero, e dopo sforzi incredibili,
gli Egiziani dovettero ritirarsi nei loro forti lasciando
sul campo una buona metà dei loro. Dopo tre giorni gli Abissinesi
ebbero l’ardire, oso dire la temerità, di dar l’assalto alla
collina fortificata, ma questa volta, i cannoni ebbero ragione, e
dovettero ritirarsi. Stettero tre mesi le due armate spiandosi l’una
coll’altra, ed alla fine avendo re Giovanni promesso che se il
nemico usciva per ritirarsi non avrebbe avuto nulla a temere
dal suo esercito, gli Egiziani se ne ritornarono a Massaua, certo
poco soddisfatti di questa seconda prova.
Dopo queste due battaglie, re Giovanni, quantunque vittorioso e forte non volle inseguire il nemico, nè estendere di un palmo i suoi territorii. Gli Egiziani, egli disse, hanno invaso il mio Stato senza mandarmi una intimazione di guerra, io quindi ho il diritto di trattarli non come un esercito nemico che mi muove incontro, ma come una banda di briganti che venne ad assalirmi a tradimento: li respingo dunque, ma non degno continuare la lotta con loro; solo, ora che le ostilità sono aperte; mi riservo di attaccarli quando a me piacerà, senza necessità di mandate intimazioni e senza tema di mancare per questo alle regole della cavalleria e della guerra fra gente civile.
Il raziocinio, se si vuole, è giusto ed assai fino, e re Giovanni lo mantenne rifiutando ogni trattativa di pace.
Frutto principale di questa guerra, per gli Abissinesi, fu la presa di alcuni cannoni e di circa 15,000 fucili remington presi al nemico con buona provvista di munizioni. Queste però si tengono ben custodite, chè il giorno che fossero finite non v’ha modo di rinnovarle. Alcune volte si fabbricano da loro la polvere, ma cattiva e in poca quantità, e in mancanza di piombo usano delle palle che si fanno con pietre, munizioni che pos-