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108 Capitolo sesto.

Zaccaria, cristiano cattolico, che in gioventù visse quattordici anni alla missione abissina a Roma, per cui parla perfettamente l’italiano ed ha riportate care memorie dal nostro paese.

Furono queste due conoscenze preziose per me, perchè potendo con loro discorrere potei raggranellare una massa di importanti nozioni. Le descrizioni dell’ultima epidemia sono spaventevoli: oltre le cagioni di cui già dissi, si aggiunse quell’anno, ad accrescere la carestia, una invasione di cavallette che tutto distrusse. La popolazione era affievolita dal digiuno, quindi appena si sviluppò il tifo, trovando un terreno così preparato, estese con tanta violenza le sue radici che produsse tale spavento e scompiglio che si lasciavano i morti a putrefare nelle case o tuttalpiù si mettevano fuori la porta, confidando nella pietà degli altri per la sepoltura, e quando anche questa aveva luogo, non era che un coprire il cadavere d’uno strato di pochi centimetri di terra. Nelle chiese poi, dove generalmente sono i cimiteri, si portavano i morti e si lasciavano l’uno sull’altro, talchè i preti che dovevano avervi contatto ne furono tutti vittime, tranne rarissime eccezioni.

Non sapevo trovar ragioni alla differenza del modo in cui si portò l’armata abissinese nelle due guerre, contro gli Inglesi e contro gli Egiziani, ma con dell’insistenza nelle domande su questo argomento potei averne qualche spiegazione. Innanzi tutto contro gli Egiziani trattavasi di guerra di religione, e quando v’ha di mezzo il fanatismo tutti accorrono e si sfida indifferentemente la morte. Parecchie volte ho sentito degli Abissinesi ripetere che se venisse un’armata cristiana qualunque, resterebbero indifferenti, ma se tornassero i Mussulmani troverebbero tutti disposti a morire per respingerli. Teodoro poi, colle sue originalità e crudeltà che somigliavano a pazzie, s’era allontanato gran parte del suo popolo. Tutto il Tigré con a capo l’attuale re era favorevole agli Inglesi, lo Scioa era indipendente, il Goggiam non