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Capitolo quinto. 87

altro torrente, e nei campi vicini troviamo sparsi gli avanzi umani che stanno a memoria della prima scaramuccia avvenuta fra Egiziani e Abissini. Attraversata ancora una campagna coltivata a dura, scendiamo nel letto del Mareb che presenta ancora tutte le tracce abbastanza recenti del passaggio dell’acqua, che ora è limitata a pochissima quantità che scorre per qualche tratto per poi sprofondarsi nelle sabbie e ricomparire più a valle. Le sponde coperte da bellissima vegetazione, piante gigantesche, specialmente acace e ficus dealbata, oltre una massa di piccole piante, cespugli, fiori, liane. Molta caccia trovammo laddove scorreva l’acqua, e la cucina ne fu subito ben fornita. Piantammo il campo alle sei a circa 1320 metri di elevazione: la posizione per sè ed un bellissimo chiaror di luna lo resero ancora più bello, più grandioso, più fantastico del solito.

Giovedì 27. Di buon’ora i buoi sono carichi, talchè anche noi alle 6 ½ partiamo. Sempre si attraversano brevi altipiani rinserrati da alture che si oltrepassano per portarsi dall’uno all’altro: poche tracce di coltivazione e qualche misera capanna sono i soli indizii della vita e della attività di questo paese. Finalmente abbiamo la fortuna di attraversare un pajo di corsi d’acqua, dove poca e lenta, ma limpida, ne scorre. Alle nove troviamo la carovana fermata sotto un enorme sicomoro, che coll’ombra de’ suoi giganteschi rami tutta la protegge dai raggi cocenti del sole: vi facciamo la nostra colazione; le armi appese al colossale tronco, e di noi chi sdrajato al suolo, chi seduto sulle sporgenti radici, chi appoggiato a qualcuna delle nostre casse. Era un quadro impossibile a descriversi come mi sarà impossibile dimenticarlo. Gli uomini dei buoi adducono mille ragioni, fra cui che devono cercarsi farina ad un villaggio vicino, tutte scuse per non proseguire. Meno male che quel piccolo corso d’acqua, per quanto meschino, dopo tanta siccità mi ravviva, mi rianima e vi passo vicina buona parte della giornata, cacciando