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Capitolo quinto. 79

qualche riposo si tenta e ritenta la prova, ma sempre di male in peggio. Cerchiamo in paese un angareb per trasportarlo, non se ne trova; si fanno patti allora con otto uomini che costruiscano una lettiga e pensino a portarlo. Molto male, ma la lettiga si fa; ma questi mascalzoni pretendono essere pagati prima di partire. Le casse coi talleri sono già avanti, quindi lo facciamo dire promettendo pagare la sera: non accettano e noi ordiniamo ai nostri servi di prendere la lettiga, ma questi vigliacchi alzano i bastoni sui nostri servi. Fortunatamente Naretti giunse ad appianare la questione che per poco avesse continuato finiva colle fucilate. Dovemmo però lasciare la lettiga, e il nostro malato proseguì parte a piedi, parte a mulo, sempre sorretto da alcuni servi.

Proseguiamo nell’altipiano, passiamo qualche altura e dopo un paio d’ore vediamo issate le tende: sono i servi che visto il nostro ritardo, pensando stesse male il nostro compagno, fecero alt. Non dobbiamo essere molto discosti dall’abitato, perchè v’è coltivazione, ma villaggi non si vedono. La posizione è detta Anahaiella.

Lunedì 24. Il Tagliabue non è in grado di montare la sua mula ed in un posto isolato come questo è impossibile tener ferma la carovana in attesa di un miglioramento che non si sa quanto potrà farsi aspettare. Combiniamo quindi coi pali delle tende ed una amaca, una spece di barella nella quale lo adagiamo e lo facciamo trasportare da quattro servi. È triste trovarsi in simili circostanze, e vedere un giovane pel quale si ha stima ed affezione, pieno di speranze e di attività pochi giorni prima, ridotto in tale stato, senza possibilità di prestargli quelle cure che l’amicizia suggerirebbe e il caso richiederebbe, e pensare alle tristi conseguenze dell’avvenire.

La carovana procede lenta e silenziosa, le difficoltà del terreno rendono maggiormente penoso il trasporto pei porta-