Pagina:Abissinia, giornale di un viaggio di Pippo Vigoni, Milano, Hoepli, 1881.djvu/105


Capitolo quinto. 75

l’elemento che più manca in questo paese: mai se ne incontra di limpida e corrente, e solo nei punti dove facciamo stazione ve ne è qualche deposito in fondo a crepacci del suolo o ad avvallamenti: sempre però acqua torbida, fangosa e puzzolente. Il terreno e le rocce sono quasi sempre rossastre, ciò che prova la presenza del ferro: sparsi infatti, sono dei rognoni ferruginosi, roccie quarzose e di quando in quando bellissimi prismi basaltici. Strano è il carattere generale delle alture, tutte a profili e strati orizzontali, interrotti solo nella loro monotonia da qualche cono perfettamente regolare che si innalza qualche volta immediatamente dal livello dell’altipiano, qualche volta invece dal profilo orizzontale stesso delle alture che ci rinserrano.

Dopo la breve fermata abbiamo un’erta salita che ci porta ad un villaggio abbandonato: l’ultima guerra civile, le stragi, le malattie che ebbe per conseguenze, spopolarono quasi questa provincia altre volte floridissima.

Lentamente discendiamo fra alture, ed attraversato ancora un altipiano, accampiamo in località detta Toraemmi, a 1960 metri. Sulle alture prevalgono sempre le euforbie, al basso l’erba essicata è ancora poco meno di due metri d’altezza, ciò che lascia immaginare quanto di splendido dev’essere questo paese subito dopo l’epoca delle piogge.

Ci si dice non esservi pericolo di fiere, per cui la sera tralasciamo la guardia, ma dopo qualche ora di sonno un gran baccano ci sveglia, e troviamo tutti in armi e in agitazione. Una banda di ladri venne per far bottino, ma spaventata dal numero delle tende forse, e da qualche fucilata, se la diede a gambe. Nessun altro incidente, nella notte, fuorchè una jena che attaccò una mula, e il continuo gridare delle sue compagne e dei sciacalli.

Giovedì 20. Per essere pronti a qualche agguato che ci possono aver teso i galantuomini della notte scorsa, facciamo pro-