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72 Capitolo quinto.


Vado al villaggio, che è tutto bruciato e solo resta qualche misero avanzo di capanne costrutte con fango e paglia, abitate da povera gente avvilita e macilenta. Sulla vetta dell’altura è la chiesa che ottengo permesso di visitare. Per una porticina si entra in un recinto circolare che serve da cimitero, e al centro sorge la chiesa rettangolare, bassa, col tetto piatto, molto rozzamente costrutta con legni e pietre: sul davanti un corpo più stretto forma quasi un peristilo murato negli intercolonnii e racchiudente una piccola camera le cui pareti dipinte con arte assai primitiva, rappresentano episodii di storia sacra, fra cui spicca la Vergine e san Giorgio. Da questo si passa nel grande ambiente diviso da grossi pilastri in tre navate, delle quali parte della centrale è chiusa da muri e riservata alle funzioni religiose; il resto pel pubblico. Qualche messale, semplici leggii in ferro, rozzi tamburi, stavano ammucchiati in un angolo. La luce non entra che dalla porta e da alcuni buchi praticati nei muri. Fuori della chiesa ad una trave sostenuta da due tronchi, pendono legate con strisce di pelle da bue tre pietre oblunghe: sono le campane, che percosse con altra pietra producono tre suoni differenti ed acuti. È molto interessante questa costruzione per la sua originalità, e perchè tanto internamente che esternamente, colla differenza che passa fra un nano ed un gigante, presenta per altro qualche analogia cogli antichi templi egiziani.

Dovendoci qui procurare nuovi buoi, siamo obbligati di passarvi tutta la giornata sempre in continue contese.

Abbiamo un guaio curioso fra i nostri servi, due dei quali sono mussulmani e gli altri cristiani, e i primi non mangiano bestie ammazzate dai secondi, e viceversa, e in un paese dove bisogna farsi la propria macelleria in casa, c’è così sempre qualcuno che resta digiuno. Anche le nostre provviste di pane sono esaurite, ed alcune donne ci fabbricano il pane col sistema del paese, come vedemmo a Keren. Le prime volte lo stomaco