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glie. Il pover’uomo aveva più di trent’anni, e amava come un giovinotto di qua dai venti.
Il padre di Bianca aveva mandato innanzi il fatto sino a quel punto, che non bisognava altro che far gli sponsali e andare in chiesa a dir sì; nè aveva chiesto mai alla fanciulla di qual animo stesse verso l’Alemanno, e se fosse per acconciarsi a sposarlo. Perchè non ne dubitava nemmen per ombra, e per lui la potestà paterna non aveva confini o rispetti. La trovò soletta a cucire nella sua camera, dov’essa soleva stare raccolta, come le aveva consigliato don Marco.
«Animo! Bianca, — le disse — poni indosso il tuo più bell’abito, e vieni in sala a vedere lo sposo.
«Che sposo? — sclamò la fanciulla colta all’improvviso, alzando i dolci occhi nel padre.
«Eh via! non farmi la bambina! O che credevi che il barone venisse qua innamorato di me?
«Se avessi viva mia madre, — rispose Bianca mestamente — mi consiglierebbe e risponderebbe per me: ora, babbo, la prego di dire a quel gentiluomo ch’io lo ringrazio, e che se mi lascerà stare pregherò sempre per lui.
Come! come! come! — tempestò il signor Fedele, incrociando le braccia sul petto, e rimanendo a fissarla un tantino; — moviti e non farmi rage, che qui non è caso di ringraziamenti nè di preghiere! Ho fatto tutti i passi per amor tuo, e lo sposo è là che muore dalla voglia di parlarti.
«Ebbene, gli chiegga perdono in mio nome, ma io di là non vengo.»
A questa risposta calma e risoluta, il Signor Fedele dirugginì i denti, come un beccaio arrota i suoi coltellacci, ma si rattenne. E posta la mano sul capo della fanciulla, che s’era di nuovo curvata al lavoro, diceva colla voce più dolce che gli riuscisse fare:
«Tu.... tu.... vorresti negare a tuo padre la gioia di vederti ricca; ossequiata da tutti questi gentiluomini;