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giungevano ogni tantino cavalieri in gran diligenza, i quali venivano dalle montagne verso la marina, per quello che si poteva argomentare, portatori di novelle non liete. A poco a poco, il popolo indovinava le verità tenute nascoste; e già si sapeva che i Francesi, in sul cominciar dell’aprile, ripigliate le offese, si ricattavano assai bene dei danni patiti l’anno innanzi, per forza dei Piemontesi, i quali gli avevano fugati a Raus, e afflitti di molte morti. Adesso tornavano grossi e minacciosi, e sebbene per quell’anno non fossero ancora venuti a battaglia di campo, tuttavia l’aspetto delle cose era da far presagire che sarebbero usciti vincitori.

In casa al signor Fedele, qualcuno aveva aperto il cuore alle voci di prossimi eventi, e Bianca sentiva una dolce promessa, da quell’aria procellosa che ho detto. Dopo che s’era confidata colla zia dell’amor suo per Giuliano, dicendo che tra l’Alemanno e la morte avrebbe scelta quest’ultima; la povera cieca, consigliatasi con Don Marco, la confortava a persistere nel rifiuto, ma con dolcezza. Il buon prete, ogni volta che lo poteva, dava ad esse novelle di quelle parti, donde rivenivano soldati piemontesi o alemanni feriti, narrando cose dell’altro mondo; e sgomentando i compagni che vi s’avviavano melanconici, come persone che sapessero d’andare a certa morte. Egli e le donne, ne provavano pietà; ma facevano voti per i loro nemici; il prete sperando da questi miglior vita pel popolo; esse pensando che a vincere il signor Fedele, nulla avrebbe giovato se non la calata di quei Francesi, i quali per quanto male si udisse di loro, alla fine delle fini dovevano essere uomini anch’essi. Era vero che si potevano credere cose terribili, a vedere le centinaia di famiglie liguri, che capitavano ogni giorno, coi loro preti, in lunghissime processioni: gli uomini carichi di masserizie; le donne coi bambini in sulle spalle; i vecchi menati dai nipoti, scalzi, piangolosi, affamati; ma che valeva? Interrogati come avessero abbandonati i loro villaggi, non sapevano che si dire; e coll’aspetto di chi va, nè sa