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«No — rispondeva con calma — io col gregge, col branco non ci tornerò più, non vedrò più quel Dio...
«E perchè? — proruppe allora don Apollinare, ripigliando il suo posto, severo.
«Perchè? Non mica perchè io non creda; non mica perchè io nutra odio per lei no; ma che vuole? ho cavato la lucerna di sotto al moggio; ho un po’ letto la storia; ho pensato al bene che voi preti avreste potuto fare, e al male che avete fatto; ho capito che voi foste sempre dalla parte dei più forti, ed io amo i deboli...; e voi preti, soldati, principi, tutti, mi parete una mano di congiurati, che avete a capo un Dio di vostra testa, un Dio che ha figli reietti e figli beniamini; e vi godete in suo nome il mondo, beni e persone!
«Sciocco! sciocco! sciocco! E se non fossimo noi, i vostri coloni, che s’assaettano mattina e sera a lavorare i vostri campi, e stentano il boccone; v’accopperebbero un bel giorno, e vi lascerebbero a mangiare ai lupi sull’aia, dove non avete sudato, eppure andate a dividere il grano...!
«Signor pievano, manco se ella mi avesse tirato uno schiaffo, io non le avrei fatto l’oltraggio che ella si fa da sè con le sue parole. Bella gloria per la Chiesa l’essere tenuta in codesto conto da’ suoi stessi preti! Ah! la parabola dell’Epulone pare che Gesù l’abbia detta ieri...; ma se tutti i sacerdoti la pensano come lei, lo parrà ancora di qui a migliaia d’anni...!»
«Ma Epulone è all’inferno, ed Eleazaro nel seno d’Abramo! Ed è più facile ad un camello passare per la cruna d’un ago, che ad un ricco entrare nel regno dei cieli...! Questa consolazione, ai poveri, l’ha lasciata Iddio...
«Ebbene! — disse Giuliano — allora le ripeto che io non vo’ sapere di questo Dio. Smettiamo di parlare di lui!
«Ed egli vi punirà colla morte del corpo e con quella dell’anima...!