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le due gemme di C.... e già in chiesa, a vederle sotto quel velo bianco, aereo, che le fanciulle delle terre liguri sapevano, fin d’allora acconciarsi in capo con tanto garbo; la gioventù pensava più ad esse che alla preghiera. Orfane della madre sin dall’infanzia di Margherita, avevano vivo il padre che si chiamava il signor Fedele; uomo ricco, tirchio, rozzo, più che sessagenario, dottore di legge molto reputato nel borgo. Costui era di quella maniera di padri, che gli affetti, se ne hanno, li tengono bene nascosti: nè aveva pensato che a far roba, per arricchire le figlie. Della loro coltura manco s’era sognato, e se fosse rimasto da lui, le giovinette non avrebbero imparato che a leggere, tanto da poter cantare nella processione del Corpus Domini col libro in mano. Scrivere non sapevano, perchè non era cosa che di quei tempi si potesse insegnare alle donne, se non da parenti che le volessero usare al male. Ma lavoravano di cucito per bene, e in casa facevano tutto colle loro mani: perchè il padre, duro a spendere, permetteva solo che una donna venisse a cavar l’acqua e a rigovernare le stoviglie, e appena fatto se n’andasse, che egli gente d’altri in casa non ne voleva. Per compensarle delle loro fatiche, dava in carnovale una festicciuola da ballo, in cui si mostrava discreto spenditore; e una sera di quaresima le conduceva al teatrino del borgo, a vedervi la passione di Cristo, rifatta dai disciplinanti della sua confraternita, con gran pompa di mitre, d’elmi, e di turbe, che finivano col fico di Giuda; donde si vedeva spenzolare l’apostolo scellerato, tra le risa degli spettatori. Del rimanente la vita la passavano parte in borgo, parte in villa; il governo della famiglia era mantenuto dal signor Fedele con gran rigore; ed essendo egli di quei tali, che intendono gli uffici di capo di casa a una torta maniera; entrando od uscendo, sulla soglia mutava il viso; altro era dentro, altro di fuori, burbero ed alla mano. Quando in famiglia si parlava di lui non dico che si tremasse, ma i cuori si facevano pic-