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stimonio, che io dinanzi a Dio e a questo mio maestro, offro la mia vita a questa fanciulla, se essa si contenta d’essere donna del figlio di quella santa, che l’ha tanto amata....
«Tecla, vuoi essere sposa di Giuliano? — chiese don Marco, brillando nelle pupille d’una gioia divina, alla giovinetta rimasta lì quasi trasfigurata. Essa chinò gli occhi e all’atto della persona e al rossore di cui si tinse, parve rispondere: «ecco, o Giuliano, la vostra ancella.»
Don Marco prese le mani dei due giovani, se le strinse al cuore e disse: «Figliuoli, Gesù è morto da diciotto secoli promettendo vicino il regno de’ poveri. Se il regno de’ poveri è cosa di questo mondo; tu, o Giuliano, che hai capita la parola di Gesù, e tu Tecla che hai visto adempiersi in te la sua promessa; ricordatevi che al mondo vi sono molti afflitti, che ne aspettano dai felici il compimento per tutti.
«Ed ora addio Tecla, — disse Giuliano stringendo tra le sue le mani della giovinetta: — tu starai nella casa di nostra madre, finchè io tornerò. Marta, voi servirete la mia sposa, come serviste mia madre: lei don Marco, se vuol farmi un gran bene, stia con queste due creature, finchè i tempi sieno più quieti.
«Ma e tu? — chiese don Marco con ansia.
«Io vado alla casetta, dove mia madre sperò di vivere con me qualche tempo. Tornerò di laggiù, quando lo spirito di lei mi consiglierà a farlo. No... no... maestro, Marta... nessuno mi contrasti con preghiere... io debbo andare. E voi — soggiunse volgendosi al Francese: — proteggete la mia casa, e pregate per me il generale a proteggere il mio povero borgo.»
L’ufficiale non potè rispondere se non con uno sforzo, per far il viso fiero; tanto per non mostrare la tenerezza, che si sentiva dentro a quello spettacolo.
Ancora pochi detti, poche raccomandazioni, pochi sguardi d’intelligenza tra quelle anime; poi don Marco