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«Va, e chiama Anselmo che venga a pigliarmi, col calesse...
«Ma che vuole andare lei, colle vie che vi sono....
«Va.»
Giuliano obbedì; ed essa col cuore alla gola, levò le mani in alto e disse singhiozzando:
«Giuliano, Giuliano, se tu sapessi che dolore mi dai....!»
S’asciugò gli occhi, e si mise dinanzi all’immagine di suo marito, stata dipinta colla sua, quando si erano sposati. Stette un tratto a contemplare quella tela, come se tra lei e l’immagine fossero misteriose corrispondenze; quindi avvicinatasi a un cantarono antico, tirò una delle cassette, cavò di là dentro una veste di seta color di rosa, e la distese sul letto, dove apparve fatta alla foggia di molti anni addietro, stretta nelle maniche, rigonfia alle ascelle, accollata e lunga la gonna, quanto poteva bastare a far un po’ di strasico avendola indosso. Di quella vesta ne teneva di conto; e la tirava fuori ogni anno ricorrendo il giorno delle sue nozze: trasse ancora una scatola in cui erano alcuni vezzi d’oro, collane, maniglie, anella di vario lavoro; e la pose aperta vicina alla veste. Del suo corredo di sposa, non le sopravanzavano più che quelle cose; perchè le più le aveva date, un po’ alla volta a povere fanciulle del borgo, andate a marito; e dopo averle toccate e ritoccate, col pensiero ad altri tempi, uscì sommessa in queste parole: «S’ha un bel affligersi, ma nel giro di trent’anni si rinnovellano nelle case, feste e dolori! ora tocca a lui!»
Lasciò quella veste e quei vezzi così come gli aveva messi, forse desiderando che Giuliano li vedesse, mentre sarebbe stata lontana; poi sempre pensosa discese. A vedere Marta trasecolata come era, le parve di doverle dire qualcosa di quel che andava a fare, ma si rattenne senza sapere il perchè; e chiesto che le porgesse una tazza di latte, si pose a berne, mangiucchiando d’un pane casalingo, affettato lì per lì dalla vecchia, la quale dal