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Giuliano corse all’uscio, chiamò Marta e Tecla, e tornò a inginocchiarsi al guanciale della madre. Le due donne, che stavano nella stanza là presso, vennero e s’inginocchiarono anch’esse a piè del letto. Tra la signora Maddalena e il suo figliuolo, correvano occhiate lunghe; e in quel silenzio pareva che la madre facesse ancora al figlio qualche secreta raccomandazione. Alfine essa accennando alla fanciulla d’avvicinarsi, dalla banda del letto di contro a Giuliano, pigliò la destra di lei e le disse:

«Tecla, se un giorno sposerai un uomo di cui tu sei degna, ricordati delle cose che io diceva.... e pensa che io sarò sempre con te.... sempre. Giuliano ti benedico.... Marta amate, servite questa fanciulla: noi due saremo le prime a rivederci in cielo. Ma e il pievano non viene?

«Si dia pace! — entrò a rispondere, umile e quasi vergognosa donna Placidia, che arrivata in quel punto, era venuta da sè nella camera, colla confidenza che usano i preti in casa ai moribondi.

«O donna Placidia..., — disse la morente — guardi mio figlio come si affligge...! Giuliano, non vedi i nostri amici che vengono a trovarci?... E a momenti, sarà qui anche il pievano, nevvero?

«Signora Maddalena, — disse don Marco, che in quel mezzo aveva saputo da donna Placidia la fuga del pievano: — pensi ai mille morti che giacciono per i campi in faccia a questa casa: nessun prete gli ha visti, eppure essi sono già tutti nel seno di Dio!

«Oh sì! sì! li veggo! — mormorò la signora, cui l’immagine di tanti morti fece uscire di conoscimento: — quante palme, quante corone! Li veggo salire, salire, fin sopra le stelle; o benedetti, attendetemi; siete morti per ricondurmi mio figlio! Tecla, Giuliano.... li seguo.... li seguo! Oh...! che dolce morire!»

Cessò la voce, sorrise, rimase cogli occhi fissi; e ai bagliori di essi, don Marco indovinava gli spazi infiniti, in cui si sprofondavano quegli ultimi sguardi.