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a torre i candelieri di sul camino della sala, per portarli disopra e porvi i torcetti della Candelara.

La vecchia vedendo il prete, fu lì per salutare in lui il pievano; ma ravvisato don Marco, fece le maraviglie e il saluto, più cogli occhi che colle parole; e diè di volta coi candelieri in mano, per portare alla padrona la consolazione di quella notizia.

«Dunque sta proprio male? — chiedeva don Marco tenendole dietro.

«Oh! — rispondeva la vecchia — tanto male! Si fermi qui un momento....»

Essa entrò, e aveva appena detto alla signora il nome di lui, ch’egli s’accostò al letto, dolce come venisse recando novelle dal paradiso.

«Sono venuto a pregare con lei: — disse all’inferma, che gli parve qualcosa di santo, cui bisognasse rivolgersi per averne la benedizione.

«Oh, don Marco — sospirava la povera donna: — ella e mio figlio, in questa notte! Che due consolazioni mi manda Iddio! Si avvicini, mi senta, io voglio confessarmi a lei.

Don Marco sin dai primi tempi del suo sacerdozio aveva smesso di confessare; ma al letto dei moribondi, sapeva porgere ascolto ai racconti del peccatore che parte, coll’umiltà del peccatore che rimane: e trovava parole, che davano al morente la certezza dell’altra vita. Egli si inginocchiò, prese una mano della signora tra la sue, e appoggiandovi sopra la fronte, disse con dolcezza: «parliamo dell’infinita bontà di Dio!»

Tecla e Marta s’allontanarono, e l’inferma cominciò a parlare del suo passato.

Frattanto Giuliano, giungeva in castello. Aveva messo a salirvi assai più tempo che non bisognasse; essendo il ponte e la via ingombri dell’ultime schiere di Alemanni; i quali premendosi gli uni dopo gli altri, e volgendosi addietro come avessero i Francesi alle reni, si arrampicavano anch’essi su pel colle. A lui poco impor-