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illuminata da quante lucerne erano in casa. Sul tavolino, vide carta, penna e calamai alla rinfusa; capì che i generali Alemanni vi si erano raccolti a consiglio; e la gatta balzata là sopra pur allora, si stirava le membra, dimenando la coda e fiutando, come se gli uomini usciti poco prima, vi avessero lasciato odore di sangue. Il giovane stette ad ascoltare un istante: dalla cucina nulla, dalle altre stanze terrene nulla, silenzio per tutto. «Saranno di sopra» disse tra sè, e non badando manco a pigliarsi un lume, salì. Si fermò nel corridoio, dubbioso.... gli si affacciò l’orribile idea che sua madre e Marta fossero state uccise.... ma subito vide un barlume dall’uscio della camera materna, e udì la voce cara più d’ogni cosa al mondo. Ma ohimè! come fioca, come ridotta ad un filo!

«Dunque — diceva quella voce — Marta, il saio, il cordone, il crocefisso da pormi fra le mani, vi è tutto?

«Che è questo! — sclamò Giuliano, ad alta voce senza avvedersene; e l’affanno gli crebbe.

«Oh! non l’avete udito? — seguitò al suo grido la voce di dentro: — Dio della misericordia, egli viene il mio figlio, aprite; oh mio figlio!»

La signora Maddalena ebbe appena parlato, che Giuliano era già nella camera, ginocchioni a piè del letto: e tiratosi sul capo la mano di lei, la vi si teneva colla sua, come a non lasciarsi sfuggire quella benedizione. Marta stretta da Giuliano contro l’inginocchiatoio, stava là sbigottita; Tecla, all’apparire di lui fattasi come una morta di tre dì, s’era ritratta sino alla tenda dell’alcova, e mezza avvolta in quella, pareva una statua posta ivi per divozione.

Peritandosi a volgere la parola a Giuliano, quasi temesse di rompere una visione; la signora guardava Tecla e diceva:

«Proprio come te nevvero? Tu pure, oggi hai tenuto qui il tuo capo, sotto la mia mano.... qui.... ma questo... oh! questo è il suo! Giuliano, Giuliano, se tu stavi un’altr’ora, io non poteva più aspettarti!»