Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/399


— 393 —

e giovanili, che gli parve d’essere in mezzo alla sua scolaresca. Altre erano fiere come di centauri; altre segnate di certi sberleffi, che egli non le poteva guardare senza stupore.

«Oh! ancora qui, voi signor chirurgo? — sclamava, con clamorosa piacevolezza, l’uffiziale visto da don Marco venire incontro a lui a al suo scolaro: — ieri sera mi coglieste a quel convento del diavolo, che non ho potuto bruciare del tutto; adesso mi trovate qui alla retroguardia: pazienza! Costì il vostro compagno, che all’abito mi pare un prete, m’insegna che gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi, anco in paradiso.

«E che novità abbiamo? — chiese Giuliano, per finirla colle freddure del Francese.

«Ve le saprò dire stassera, se avrò ballato di gamba sana. Oh! a proposito, noi dobbiamo essere poco discosti dal vostro paese?

«Men che tre miglia.

«Buona cosa a sapersi: stassera vi invito a cenare in casa vostra, che? i suonatori accordano i clarini....... signor chirurgo, buonaventura.» — E così dicendo il capitano tornò al suo posto.

Appunto alcune schiopettate, come d’una caccia mattutina, s’udirono in quell’istante, giù giù nella valle; e il sole levandosi, illuminava le vette dell’ampio semicerchio d’alture, che chiudono il pian di D... dalla parte di tramontana. Allora nei vigneti e nelle macchie, si vide uno scintillar d’armi; e basso nei prati e nei campi, diradata la nebbia, apparvero le colonne Francesi, intente ad attelarsi, nel silenzio altissimo che regnava sulla campagna. Quel silenzio pareva stupore degli uomini e della natura: e lo rompeva a tratti qualche squillo di tromba, come voce mandata da qualche genio guerriero a significare al più destro dei due capitani, quali fossero i luoghi più acconci all’offendere, alle difese, a guadagnar la giornata.

«Era imminente una battaglia, nella quale da una parte dovevano combattere un ardire inestimabile, e l’in-