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zosi — diamo addosso al nemico, avanti animo!» — «Non dia retta, maestro: — diceva Giuliano a don Marco, che già era lì per rispondere a quei soldati: — costoro sono poltroni, primi sempre ad annunciare le sconfitte, ultimi a sapere le vittorie: non combattono mai, e frugano i morti.»

Don Marco non fiatò più; e così tirarono oltre silenziosi sino a quella cappelletta, dove il signor Fedele e il padre Anacleto, s’erano incontrati colla signora Maddalena il giorno innanzi; non sognando che l’indomani fosse per passarvi tanta briga d’armati. Là trovarono la gola, per cui varcava la via, assiepata di grossa compagnia di Francesi, i quali davano loro le spalle; e viste biancheggiar nella nebbia, le bandoliere delle daghe e delle patrone, che si incrociavano sulle loro schiene, ponevano in cuore un po’ di sgomento. Don Marco e Giuliano si arrestarono a pochi passi da quella schiera, piantata là in silenzio solenne: e spinsero lo sguardo, se nulla si potesse scoprire più oltre. Ma la vista era impedita dalla nebbia che incominciava appena a risolversi; nè di lontano nè da vicino veniva nessun rumore, salvo che quello dei goccioloni di guazza, cadenti da foglia a foglia di sui castagni. Giuliano si sentì pungere dal gran desiderio di andare innanzi; ma non gli reggendo il cuore di tirar seco don Marco a chi sa quali sbarragli; voltosi a un tratto a lui, gli disse:

«Maestro, dia retta a me....»

«Io faccio tutto quel che ti pare.

«Si lasci accompagnare indietro.

«Ora poi mi offendi — disse dolcemente don Marco, ti ho detto sin da C..... l’animo mio; e se tu non puoi stare con me, mi raccomanderò a quest’uffiziale che ci viene incontro.

«Allora tiriamo innanzi.»

Con questo discorso s’avvicinarono ai Francesi, e tra le faccie di quei soldati volte di sopra le spalle a guardare chi venisse; il prete ne vide di così dolci, tranquille