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daco; un omicciattolo che a pagarlo un quattrino, sarebbe parso buttar via la moneta; — in grazia, signor generale, tutta questa roba dove la piglio?

«Ingegnatevi!

«Ma il buono e il migliore, se l’han portato via gli Alemanni!

«Dovevate opporvi...

«Già... per farmi accoppare da loro, perchè tutt’una mi accopperete voi...!

«Arrestatelo! domani la roba, o faccio appiccar il fuoco al villaggio!

«Ed io vi porterò il tizzo!

«Bravo! — fu lì per esclamare don Marco, ammirando il Sindaco che se la sbrigava così da valent’uomo; ma buon per costui che Giuliano capitava a porsi di mezzo, che se no il Francese l’avrebbe conciato come si poteva immaginare alla rabbia, che gli sbuzzava dagli occhi. Il Sindaco e il Francese che si lasciò chetare da Giuliano, rimasero, che uno avrebbe dato, l’altro si sarebbe accontentato, di quel che si poteva trovare; e quando quella adunanza si sciolse, il giovane si sentì pigliare per la mano, e dire: «ora poi, mi pare che tu abbia fatto anche troppo. Andiamo a casa mia, che tu caschi della stanchezza.»

Chi gli parlava a quel modo era don Marco, che di maraviglia in maraviglia, cominciava a provare per lui un po’ di venerazione.... E Giuliano si lasciava menare non badando dove; ma quando fu nel vicolo del prete, come fumea di bevande acri e stupefacenti, sentì levarsi le immagini delle cose vedute di fresco, mescolate alle memorie rinascenti alla vista di quella casa. Entrando da don Marco s’abbandonò spossato sul vecchio divano; e il prete si diede attorno per ammanirgli un po’ di cena, con pane ed uva, che s’era procacciato a fatica. Ma quando ebbe apparecchiato e chiamò l’ospite, per offrir-