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colà si sta nulla nulla bene, non ci verrà in mente di rivenire quassù, no. Allora scriverò che tu mi mandi quello che mi bisognerà, e potrai venire con tuo padre a portarlo. Vedrai i bei paesi! Là, quando noi si muore dal freddo, dalla noia, chiusi in casa dalla neve, là sempre un sole, sempre un’aria dolce, e il mare... Addio Tecla.» E presa tra le mani la testa della giovinetta, che pareva non aver più senso di nulla, la baciò in fronte, e s’avviò verso il piazzale.

Marta rispettosa più che non fosse mai stata tutta quel tempo, in cui i suoi riguardi verso Tecla erano cresciuti ogni giorno, le disse: «Avete inteso? il Signore vi vuol proprio bene! Pregate per la padrona e per me. Addio.» — E datole anch’essa un bacio, andò a raggiungere la signora, recando una sporticella, nella quale aveva raccolto cacio paesano, pane, frutta, tanto da potersi rifocillare tra via, come se fuori di casa fosse stato il deserto.

Tecla sin dalle prime parole della signora s’era sentita uno sbalordimento, e si reggeva al tavolo, perchè le gambe non volevano tenerla ritta. Ma quando lei e Marta furono scomparse dall’uscio, quel vedersi sola la scosse, e a passi concitati andò fuori per raggiungere la signora. Il calesse partiva in quel punto, portando le due viaggiatrici, le quali si volsero addietro, videro la giovinetta colle braccia tese; la salutarono colla mano, e subito trapassarono l’arco che loro la tolse di vista.

Allora Tecla diede uno sguardo a suo padre, che tutte quell’ore era stato ad aiutare Anselmo ad arnesare; un altro ne diede alle chiavi avute dalla signora, e lasciandole cadere: «no, no! — sclamò — io non voglio, non voglio... O signora Maddalena, o padre mio, rimenatemi a casa vostra!

«Via — diceva Rocco raccattando le chiavi, e non sapendo capire come tanto onore tornasse sgradito alla figlia, — via, che tu sei pazza e tiri i calci al pan bianco... andiamo.»