Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 358 — |
quasi maravigliato, e tenendosi l’indice della destra appuntato al petto, proprio come avrebbe fatto dinanzi al giudice dei fatti suoi, che avesse potuto leggergli in faccia.
«Voi, sì! e se io non v’interrompeva, non avreste avuto rispetto, neanco per quella innocente, che era qui ad udirvi...
«O voi — disse egli risolvendo l’atteggiamento in cui era rimasto, in una crollata di spalle stizzosa, — voi dunque che sospetti mi siete venuta a ficcare in capo...?
«Io dissi onestamente; e giusto! — sclamò la cieca; e narrò in breve il colloquio avuto coll’Alemanno, nulla aggiungendo, nulla tacendo. Il signor Fedele ascoltava, rischiarandosi in faccia man mano ch’essa diceva.
Come gli parve che avesse finito, proruppe:
«Donne! E voi volevate perdere il conoscimento per simili freddure? Via, datevi pace, cognata; andate a dormire quieta, che domattina di buon’ora io me ne andrò a D...»
E presa la lucerna, se n’andò a chiudere l’uscio da via, piantando (stava per dire al buio) la povera cieca; la quale avrebbe data la vita per poter essere a D..., per potervi andare anche camminando sopra le spine. Ma debole, infermiccia, con quella sua disgrazia degli occhi, che avrebbe fatto giù per quelle strade, di notte, se anco si fosse preso in compagnia qualcuno del vicinato? Si ritirò nella camera dove soleva dormire con Margherita, pensando che quella sarebbe stata una notte pur lunga.
L’Alemanno frattanto cavalcava di buon passo, già vicino a D... e per dire il vero aveva molto combattuto seco stesso per tenersi dal passare al convento, chiamare il padre Anacleto, e giù, senza tanti discorsi, pagargli con una sciabolata sul cranio, il servigio fatto a lui ed a Bianca. Ma quella sua smania s’era risolta in un pensare doloroso alla scoperta del primo amore di Bianca;