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nima che colla voce, — non t’avessi mai visto, villaggio malaugurato!»
E trapassato il ponte, che suonò cupo come per rispondere a quelle afflitte parole; fu sotto l’androne che metteva dentro al borgo; poi di là per la via più destra alla porta del signor Fedele.
I tempi erano tornati a correre grossi; e il capo supremo dell’esercito Alemanno, che alloggiava in C.... aveva bandito di quei giorni, che all’avemaria della sera gli abitanti del borgo si fossero ritirati, e badasse a non andar fuori senza recarsi in mano un lume, chè guai! Di che non è a dire se le vie dopo le ventiquattro rimanessero deserte; e fu proprio sorte, se il cavaliere, appunto fermandosi, vide venire un tale che portava una lanterna affumicata per modo, che si vedeva appena; quasi egli avesse voluto obbedire e insieme far dispetto a sua Eccellenza il generale dell’Impero.
«Fatti in qua» disse a colui il cavaliere smontando; e dategli in mano le briglie del cavallo, piantando lui e la bestia a spaurirsi a vicenda, salì dallo suocero, franco di passo.
Gli speroni e la guaina della sciabola battuta contro i gradini, stridevano come voci di malaugurio. Il signor Fedele, che sedeva in sala facendo certi suoi conti colla memoria, al lume d’una lucernetta, la cui fiamma per essere nudrita d’olio di noce, s’agitava fumicosa spandendo intorno un odore molesto; balzò in piedi a quel suono, corse sul pianerottolo, e levandosi alta la lucerna sopra la spalla, si chinò per vedere meglio chi fosse colui che saliva.
«Oh! siamo noi! — sclamò ravvisando l’Alemanno, al quale non voleva più dare del lei, e non sapeva per anco dare del tu: — chi desse retta al cuore non isbaglierebbe mai! ci pensava or ora.... Ma siamo soli?
«Solo! — rispose l’Alemanno arrivando in cima alla scala e fissando in viso tra ciglio e ciglio il signor Fedele. Il quale vedendosi guardato a quel modo, mostrando grande ansietà nella voce e nell’atto, gli chiese: