Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 346 — |
che sebbene grossolana d’ordito, era stata detta assai giocondamente, non potè far muovere le labbra dell’Alemanno manco a un sorriso. Egli dal giorno in cui Bianca aveva fatta quella misteriosa voltata, alla porta di quella casa, guardata con tanto desiderio; s’era sentito calare sull’animo un velo di malinconia mai più provata. Aveva stimato cosa men degna di sè e della sposa, il tornarle a chiedere il perchè di quell’atto; ma alla ciera, ai silenzi, allo spesso aggrottare delle ciglia, mostrava d’avere dentro qualche rodimento segreto. Si doleva il pievano, e quasi era mortificato di non essere riuscito a ricrearlo; e forse stava per cavarne qualcun’altra delle tante che si udivano da quelle parti, stando d’inverno vicino al fuoco, col bicchiere in mano: ma a un tratto s’intese un gridìo venir su dal colle, e una folla invadere il piazzale dinanzi al presbiterio: e «Mattia, Mattia, è tornato Mattia!» erano le parole che suonavano più alte, urlate a squarciagola da mezza la ragazzaglia della pieve.
«Mattia!» sclamò balzando ritto il pievano; e affacciatosi d’un salto alla finestra, vide, rimase colle braccia aperte, stralunato; coll’alito mozzo; poi dato un grido, corse in cima alla scala, affollato da donna Placidia, da Bianca, dall’Alemanno. E vedendo che il campanaro stentava a farsi far largo, urlò: «Via di costì i monelli, via! e voi Mattia chiudete l’uscio!»
La voce del pievano fu come lo scoppio d’un’archibugiata, vicino ad un passeraio. Tutta la baraonda spulezzò ammutolita; e Mattia potè salire la scala accolto da don Apollinare, benedetto da donna Placidia, e guardato da capo a piedi dall’Alemanno, cui non tornava nuovo quel viso sgherro.
«Signor pievano, — sclamò Mattia come fu in cima, facendo segno di volerlo abbracciare: — io non mi credeva mai più rivederlo...!
«Nè io voi, — rispose il pievano tenendolo discosto colla mano, tanto che in faccia all’Alemanno, non avesse a vedersi usata quella confidenza.