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La via che menava a quella volta, era tutta una processione; e più s’avvicinava più uno stupiva delle numerose brigate, che facevano pei campi e pei colli un pittoresco vedere. Rocco si lodò d’essere partito da casa vestito da festa; perchè quanti incontrava avevano indosso i meglio panni del loro vestiario. Le donne giovani o vecchie, se maritate portavano la veste di sposa; che allora, bell’usanza, serbavano per le festività di tutta la vita: le zitelle, quasi tutte, costumavano gonne d’indiana azzurra carica, che davano un po’ più sotto della mezza gamba; e questa si vedeva chiusa in calzette grigie, o il piede calzato di scarponcini, cui niuno badava se fossero o no grossolani, perchè le fanciulle s’aveva a guardarle modestamente in viso. Un casacchino di tela casereccia stretto alla vita, ornato alle ascelle di crespe o sgonfietti; un fazzoletto in capo, rosso o giallo; un grembialetto anch’esso d’uno di questi colori; era tutto il loro vestire. Vezzi non usavano portarne, oltre un par di campanelline agli orecchi; contente delle perle che avevano in bocca, e delle sincere e copiose capigliature. Belle su tutte erano le boscaiuole della riva destra della Bormida, che si vedevano qua e là guadare il torrente ai varchi più agevoli, per andare alla sagra. Erano e sono tuttavia il miglior sangue di quei monti; bianche come latte, e ben colorite, spigliate di forme, e in tutto da non parere gente povera e mal pasciuta. Ma le sono mattiniere, e visitando le selve a palmo a palmo, e non per diletto; trovano forse il fiore misterioso di cui si tingono, come nessun pittore saprebbe fare alle donne delle città. Degli uomini poi, non accade dire quali fossero le fogge dei loro panni; ma si vuol lodare chi fu primo a smettere quei codini, quei giubboncelli, quelle brache corte: sebbene queste sarebbero da ritornarsi un tratto in onore, tanto che la gioventù badasse a crescere a modo e men molle, per non andare derisa di troppo povere polpe.

Tanta adunque era quel giorno la folla, che la sagra