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suoi. Essi godevano accidiosi quel po’ di festa che potevano vedere attraverso i balconi aperti; parevano anime del Limbo tormentate dalla vista d’un lembo di cielo; e alla luce che loro pioveva addosso, parlavano basso, quasi timorosi d’essere colti a godere di cosa non fatta per loro. Ed uno diceva:

«E vedi la sposa, la sposa! Ci ho badato, e dei balli non ne ha tralasciato neanco uno!

«Sfido io! — rispondeva un altro: — o che vuoi che si mostri di gamba malata?

«E chi s’era mai accorto, — entrava a dire un terzo — chi s’era mai accorto che fosse così bella! Quando noi si tornava da far legna, e la si incontrava con la sua zia, mi pareva un digiuno comandato.

«Hai a dire, che ne’ suoi panni d’allora, pareva una santa che parlasse cogli occhi! Così rinfronzita somiglia una di quelle statue che portiamo in processione, tutte trine, nastri, oro e che non dicono nulla.»

A queste parole, dette da quel popolano, Giuliano si mosse e salì le scale con passo sicuro. Rocco che nulla si curava di quegli spettacoli, e forse voleva andare sconosciuto anche a C...; vedendo che il padrone saliva di sopra, si sdraiò nell’atrio e si appisolò un tantino.

«Dov’è questa sposa? — chiese Giuliano ai compagni, i quali s’erano fermati sull’uscio della sala, aspettando che fosse finita una gavotta gaia, spedita, vorticosa, che pareva un visibilio: e sfolgorante di bellezza, di sdegno, di dolore, guardò. I suoi occhi videro, il suo cuore provò uno squasso, e le mani gli si contrassero fieramente.

Vestita di raso candido, cangiante in un azzurro oltremarino leggerissimo, che le rialzava la carnagione; Bianca ballava in mezzo a quella folla d’ebbri felici, più ebbra di tutti. Una bustina color di rosa le stringeva la vita, e le reggeva il seno tumido, voluttuoso, appena coperto d’una modestina a trafori, che ne velava e non ne velava la sommità. Le braccia ignude fino più in su del gomito, agitavano le trine cadenti in moltissime pieghe dagli