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la vista d’un sepolcro scoperchiato; e sabito gli passò per la mente, fantasia maluriosa, l’ultima notte, in cui, la sua dolce madre sarebbe giaciuta morta sul proprio letto; e il lume funereo avrebbe posato i suoi raggi in quella maniera lugubre, da quell’istessa finestra, forse su quell’istesso tratto di suolo. Provò l’amaro desiderio di morire prima di quella notte, e chiuse le imposte pensando che grande miseria sarebbe stata quel giorno, in cui nè in casa nè fuori avrebbe più incontrato sua madre.

«Che la vita sia corta è un bene: — mormorò allora avvicinandosi ad uno scaffale — e guai a noi se uno potesse farci dono dell’immortalità qui in terra, nel momento che ci muore la madre!.... Sì, che la vita sia corta è un bene, e chi se ne lagna ha torto; perchè coll’amore, collo studio, col lavoro, si può farla valere secoli.» Così dicendo prese un grosso volume, l’aperse sul tavolino, sedette, e raccolte le tempia fra le mani, si sprofondò nella lettura, o forse in chi sa quali pensieri.

Ad ogni modo, chiunque l’avesse visto in quell’ora, avrebbe pensato che tanta meditazione, non fosse cosa da potersi rompere, senza togliere all’anima del giovine qualche ineffabile ed austera consolazione.