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perchè vi si poteva invitare quanta gente per bene viveva nel borgo e nei dintorni. E già alla una di notte ne erano piene le stanze. Chi giocava, chi conversava, chi si confortava ad una copiosa credenza: mentre nella sala grande si ballava così di voglia, che non pareva d’estate.
Le pareti di quella sala, quasi coverte di quadri antichissimi, rappresentanti caccie e tornei; erano a tratti adorne di specchi posati su certi arpioni, che reggevano doppieri formati di molte torce. E la luce riverberata dalle spere, si diffondeva in ogni lato sì vivida, che si sarebbe potuto raccattare di terra una spilla; e i cavalieri e le dame vedute e moltiplicate in quelle, parevano migliaia. Qual festa per gli spiriti folletti, abitatori di quel palazzo! Che sì, che quella notte delle burlette ne avranno fatte di belle, alle madri sedute a vedere le figlie ballare, o passeggiare di su di giù con quegli Alemanni, vestiti di magnifiche assise! Le donnicciole delle casette vicine, potevano quella notte dormire tra due guanciali se gli avessero avuti, chè nessuno di questi spiritelli si sarebbe tolto da tanta delizia d’acconciature, di gale, di code, per venirle a fastidire; nè i mulattieri discesi all’alba ad arnesare, avranno trovato i bardotti o le mule colle criniere intrecciate da doverne ammattire. O che avranno detto i ritratti dei due Monarchi Carlo VI d’Austria e Filippo l’di Spagna, incorniciati sopra gli architravi di due usci, l’uno di faccia all’altro, e posti in modo che parevano sbirciare le donne e i cavalieri, quali fossero le più belle ed i più cortesi? Quei due ritratti erano fattura d’un pittore del borgo, che gli aveva dipinti dal vivo l’anno 1702; e si vedeva dalla scritta che i due sovrani avevano dormito dai Marchesi Scarampi proprio in quel palazzo. Un figlio del pittore, divenuto musico riputato molto, sedeva quella sera sul palco a dirigere i suonatori: e rammentando d’avere udito dal proprio padre le meraviglie dei due monarchi; guardava, suonando, i loro ritratti, come se aspettasse