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qualche sua immaginazione. La povera madre non osava dirgli nulla; ma alfine, vedendo come quel pensare durasse di troppo; lo toccò lievemente nel braccio, chiamandolo a nome, come persona che volesse destare.

«Ah! — sclamò egli riscosso — perdoni, mamma; pensava che il mondo è tutto una commedia; e mi pareva d’essere a C..., ad una mensa lautissima, e che il mio bicchiere urtasse in quello d’un’altra persona.

«Ma falla finita con coteste tue fantasie! O che alla fine non v’hanno più fanciulle al mondo? Dà retta: pensava qualche cosa anch’io. Di là dai monti, nell’altra vallata, in M..., ci ho una figlioccia. Saranno dieci anni che non l’ho riveduta; ma a quel che era, di certo a quest’ora s’è fatta bella come un sole. Va a vederla..., odila... e se ti parrà...

«Ah! non parliamo di matrimonio, mamma, — rispose il giovane — io non mi sposerò mai!»

A queste parole la signora rimase muta. E intanto veniva Marta recando un cacio della parti di Santa G..., dove le greggie pascendo erbe odorose e timi alpestri, danno latte a dovizia e squisito. Mettendolo in tavola, coperto d’alcune foglie di viti, disse:

«Quei parenti di Rocco, hanno accolto Tecla assai bene, e mandano questo presente.

«Appunto, — uscì a dire Giuliano rischiarandosi un poco in viso — Tecla non l’ho ancora veduta: mamma, non mi scriveva che se l’aveva tirata in casa?»

Marta che era lì appena fuori della stanza, strizzò l’occhio nell’udirlo, e ricordando che la sua pensata di dar Tecla per isvago al signorino, aveva mosso a sdegno la padrona; si fece tutta orecchi per sentir questa, che pronta rispose:

«Non hai inteso? Tecla è a Santa G..., in casa ai parenti di sua madre...

«Già — disse Giuliano — ricchi o poveri son tutti compagni! Andate pure, o fanciulle fuori degli occhi delle vostre madri; l’innocenza è una cosa, che una volta uscita, può tornare a casa con voi sicura e sempre...!»