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Costumava anche su quei monti, che una zitella andando a farsi chiedere dal prete se fosse contenta di sposarsi al suo fidanzato; vi si facesse accompagnare da un cugino o da altro congiunto, il quale era quasi un testimone del parentado, contento di dare una delle proprie donne, ad un uomo d’altra gente, che la facesse sua. Bianca aveva dietro di sè questa sorta di ministro del sacrificio; il quale quando vide essere venuto il tempo della cerimonia, la prese per una mano e la condusse alla balaustrata, mentre l’Alemanno vi si fece condurre dal generale. Là s’inginocchiarono di bel nuovo, e tutto il corteo fece corona intorno ad essi. Il frate spiccatosi dall’altare, accompagnato da una moltitudine di preti che recavano torce accese, venne verso di loro. E per la chiesa era un silenzio solenne; la moltitudine si premeva e ondeggiava; si vedevano le teste degli uni sporgere sulle spalle degli altri, e molti salire ritti sui banchi, e i monelli arrampicarsi alle colonne; intenti tutti a raccogliere le parole del frate e il sì che doveva uscire dalle labbra di quegli sposi beati.

I quali furono comunicati dal frate, in quella cerchia d’amici, che li nascondeva agli occhi del popolo; poi a un cenno di chi sa chi, l’organo tornò a suonare a gloria; fu vista la mano del padre Anacleto, alta sulle teste dell’Alemanno e di Bianca, in atto di benedire; questi si levarono, baciarono quella mano, diedero di volta, e scendendo da quei gradini, la sposa ebbe cuore di guardare la moltitudine sino in fondo alla chiesa. Oh! se l’Alemanno non prometteva invano, essa si sarebbe vista ammirata tutta la vita, come in quel momento. Le scintillava in dito una gemma di tanto prezzo, mèssale pur allora dallo sposo, che le pareva d’essere stata inannellata con una stella; un’altra gemma le brillava in fronte a mo’ di diadema; ora la sua fantasia poteva spiegare i voli sicura; essa si riputava davvero la castellana del suo borgo natale! Che più? Un coro di fanciulle tutte di men che dieci anni, vestite di bianco, si fece dinanzi