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Ad uno, a due, a quattro giù per la scala, uscivano dal presbiterio come fosse da un’osteria. Donna Placidia, di sull’uscio della cucina, contemplava quella strana processione, e al silenzio che regnava nella sua stia, le pareva che i suoi polli cantassero in corpo a quella gente contenta. La quale fu vista a gruppi scendere dal colle, col pievano in mezzo, tronfio, acceso in volto, e, si sarebbe detto, beato d’aver pasciuto quei messeri, che lo menavano a zonzo. Ammirati, salutati, invidiati dalla poveraglia, che andava in giro limosinando alle porte: come furono al piano pigliarono la via più amena, che era quella in sulla riva del torrente; e sempre dell’istesso andare, dissipando il fumo delle pipe e quello dei cervelli, s’allontanavano dal borgo, a seconda dell’acqua.

Gli è quanto dire che movevano verso quella banda, per dove Giuliano stava arrivando; e in verità non erano discosti gran tratto, che questi capitava di faccia ad essi, ad uno svolto della via, cavalcando di quell’andatura stanca, che la povera bestia dell’oste d’Alba poteva, dopo sì lungo cammino.

La brigata si cansò sulle prode della via angusta; ed il giovane, che oramai avendo il suo borgo dinanzi, ondeggiava tra il desiderio e la paura di saper alfine la verità su sua madre; passò in mezzo senza salutare, come non avesse veduto le splendide assise. Gli uffiziali stettero a badare più che a lui al cavallo; ma don Apollinare soffermatosi, colle mani appaiate sulle reni, la testa inclinata sulla spalla, mirò di sbieco; e col calcagno destro battendo il suolo, sicchè il ginocchio e il polpaccio agitavano le pieghe della talare, sclamava: «pecora, pecora! se io volessi ci saresti capitata!»

Alle parole strane, tutta la baraonda gli si fece intorno curiosa; ma il più vecchio e il più indorato di tutti quei soldati, se lo pigliò a braccetto, si mise a parlar basso con lui; e la comitiva tenne dietro ad essi, men gaia, meno ciarliera, quasi conscia dei discorsi che correvano tra il pievano e quel vecchio ufficiale, che n’era il capo.