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simbolo dei tempi nuovi, e «già! — sclamò — quei dai vent’anni in giù, ridono delle streghe, del diavolo, di tutto! Chi non crede al diavolo, non crede bene neanche a Dio, dice il signor pievano; me l’ho appiccata all’orecchio, e penso anch’io come lui che se si va di questa gamba, fra un altro po’ d’anni, pioverà zolfo acceso. Per me avvenga che può, e rida chi vuole, io sto col signor pievano, chi ha da salvarmi è lui...»

Le donne non guardarono che viso facesse Tecla alle parole di Marta; ma pensarono alla profezia del zolfo, udita lanciare di sul pulpito dal pievano. E cominciarono a parlare di lui, e a dirne tante lodi; che se davvero uno si sente fischiar le orecchie quando è menzionato in qualche luogo, don Apollinare dovè sentirvisi dentro le centinaia di grilli.

Ma la bisogna in cui egli era occupato in quel momento, non gli concedeva di badare a queste minuzie; e aveva la testa intronata da ben altri rumori; suon di stoviglie, tintinnio di bicchieri, voci alte, un’allegrezza chiassosa. Sedeva a convito nel presbiterio, una grossa brigata d’ufficiali delle genti Alemanne, venute a spalleggiare l’altre della loro nazione, che in primavera ne avevano toccate dalle bande di Nizza, in parecchi combattimenti. Quelle genti, sebbene non fossero centomila, come Giuliano aveva inteso dire tra via, pure ingombravano la valle da D... sino alle sorgenti della Bormida; e villaggi e casali ne erano zeppi. I popoli di quelle terre ne avevano gran disagio pei molti alloggi, pei viveri di che dovevano fornirle, e più per quel che esse si pigliavano, a mò di predoni; e fra i guai che pativano dagli Alemanni amici, e la paura dei Francesi, che calassero a far battaglia con essi di qua dei monti; vivevano col cuore tra due sassi. Nè quella paura poteva chiamarsi ubbía, perchè dalle cime dell’Apennino, a San Giacomo, al Settepani, dove avevano poste le grosse guardie, i Francesi parevano spiare l’ora acconcia a ferire qualche gran colpo; e a sera si vedevano tanti dei loro fuochi, che