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cipio vestita de’ panni più fini; e sebbene la villanella si fosse trovata in sulle prime un poco impacciata, nelle foggie nuove di quelli; vi si era presto avvezzata, con gran maraviglia di Marta; che ormai non sapeva più sgridarla nè tenerle il broncio, e parlava di essa benignamente. Nessuno del borgo, neanche lo stesso pievano, aveva più osato menzionare il fatto della scappata notturna di lei; e sapendo che viveva raccolta, sempre alle gonne della signora Maddalena, tutti la chiamavano fortunata; a tutti pareva uno di quei fiori, che dopo una fiera ventata, da cui siano stati quasi divelti, crescono di bellezza, più desiderati quanto più s’ascondono nella siepe. Le donne del vicinato, che la vedevano qualche volta alle finestre di quella casa, le si cominciavano a mostrar rispettose; le fanciulle ne avevano invidia; suo padre e sua madre si stimavano qualcosa da più di due o tre mesi prima, ma quasi si peritavano a chiamarla loro figliuola. Essa, punto insuperbita, diveniva ogni dì più dolce; e sebbene paresse che essendo giunta a quella fortuna, dovesse stare allegra; una malinconia diffusa sul suo viso, rivelava che il cuore piangeva dentro; e il pensiero del suo destino, e la tema d’una caduta, che forse sarebbe stata più dolorosa, quanto più essa saliva, cominciavano a nascere in lei; sicchè l’avvicinarsi del giorno, in cui Giuliano sarebbe tornato da Torino, le pareva una montagna che fosse lì per franarle addosso a schiacciarla.

Quel giorno, seduta in quel crocchio di donne, all’ombra del pergolato, da cui pendevano i grappoli di lugliatica, già matura, che la signora voleva serbati intatti per Giuliano; badava poco o punto, come ho detto, ai racconti di Marta; e questa che dal gran dire si sentiva la gola di pomice, essendo in sul finire, sclamava:

«Oh! le mie care benedette, i flagelli di cui vi parlo li manda il Signore; guerra, fame e peste, gli avremo tutti, uno dopo l’altro. E ancora bisognerà ringraziare, se si morirà di due uno, come ho veduto io nella mia