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«E come no? — sussurrava il pievano.
«Risponderei anch’io; ma mi dimenticherei di qualunque corruccio. Pensi, signor pievano, che là in quell’angolo della sua pieve, vive una povera madre, che non sa più a qual santo volgersi per un po’ di pace. Io credo che la troverà nella tomba, perchè non durerà più a lungo. Ma un giorno quando gliela porteranno morta, a farla benedire, sotto le vôlte della sua chiesa: e il popolo che le vuol bene, la piangerà come una madre perduta; qual consolazione per lei, poter dire: io le ho fatto un beneficio, e questa donna lo deve a me se non è morta da tempo....?
«La signora..... povera donna, è degna di rispetto.... — rispondeva don Apollinare: — ma lui, quel suo figliuolo, quell’insolente che farebbe ingiuria al paradiso...! Qui il pievano s’accendeva, ma don Marco sempre con dolcezza:
«Senza macchia non v’è manco il sole! Eppoi, sia pure Giuliano quel che le pare, ma sta bene a un prete giocar di vendette? Sta bene a noi essere i primi, a portar la lanterna al bargello? E se domani, se fra venti giorni la guerra ci portasse in casa i Francesi; e qualcuno si pigliasse la briga di dir loro che ella ha perseguitato un giovane, che la pensava un po’ alla loro maniera? La vendetta rifiglia, ella lo sa; e se i Francesi ponessero le mani addosso a lei?
«Io.... — disse il pievano sentendosi arricciare la pelle più assai di quella volta, in cui il padre Anacleto gli aveva dette a un dipresso uguali parole: — io scriverò a Torino che Giuliano è un giovane.... sì, un giovane.....
«Via.... un giovane dabbene, dica! Mi porto via la sua promessa, signor pievano; e se non ci vedessimo più, le sia dolce quanto a me, pensare che l’ultima volta abbiamo fatto insieme un po’ di bene....»
Ciò detto, e strettagli la mano con gran sentimento, lo lasciò a piè della salita; e s’affrettò a casa di Rocco, dove non sapeva come avrebbe trovata la povera Tecla.